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Indirizzi di case perdute
Ricordi il vicolo dove i suoni e colori si impastavano,
Dove ogni porta era una storia di nomi, cognomi, soprannomi?!
Dove gli intonaci e i sorrisi
Gli odori scuri di cucina e quello accecante
del bucato
Sai ognuno di quegli scalini
E il suono dei visi che passano,
Che restano?!
Dirimpetto all’imbianchino
Viveva l’uomo che aveva il male della luna
E in fondo al vicolo il fornaio
E più avanti il contrabbandiere
E all’angolo il pittore
Sai quanti fiori di geranio
a questi balconi hanno spezzato i lunghi lutti
delle ere tetre?
Se in questo lungo oblio di storie
si potessero filare gomitoli
di quel che le donne si sono dette
sedute alle seggiole rassegnate
nei ventagli delle sere d’estate
Senti l’eco di una palla
sulle pietre del selciato?!
E se domani
Se non rimanessero nemmeno i muri a raccontare
E perdessimo l’indirizzo della memoria
E nulla testimoniasse che abbiamo avuto un passato
Se non un canto liso, consumato dalle notti d’esilio
Come un passaporto perduto
E insieme ai muri morissero
I bambini che siamo stati
I bambini che mai avremo
Piante d’aria senza radici
Costrette ad inventare una poesia
Per depositare poveri bagagli
Per nascondere vasi di gerani
E indirizzi di case perdute
(Nadezda Nim)
Foto: Sirkhane Darkroom Project, A photograph by Sevin of her sister playing outside