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Una culla di elastico giallo
<<A Roma, data la difficoltà dell’alloggio, si vive
Più nella strada che in casa>>
Leggi questa frase
a voce alta,
divertita
Perché sei uscita così poco,
tu,
che abiti la soglia
Dove aspetti chi ritorna
e richiami chi non arriva ancora
E poi mi chiedi insistentemente
<<Quando te ne vai?>>
con l’invisibile apprensione
della tua voce antica
e così bambina.
<<A gennaio>> rispondo,
Ma per te è febbraio,
sempre febbraio
<<In che mese siamo nonna?>>
cerco di puntellare il tuo orientamento
con santi meteo calendari feste patronali
<<Febbraio?!>> mi guardi spaesata
con la stessa invincibile certezza, anche ad agosto
La tua vita così incisa
e scandita dal tempo,
semina-raccolta-
albe interrotte-gelata-
vendemmia-,
non ha più orari e giorni
da così tanti momenti
Forse è una carezza,
l’unica,
che ti ha riservato il tuo tempo,
questa dimenticanza
che ti esonera dal ricordare
da quanti giornimesianni
è vuota la stanza accanto
Si può sapere anche quando
non si ricorda che poco più di niente
cioè l’essenziale
e volere o nolere nitidamente
anche nella dimenticanza
So la saggezza che
porti nei calli
e il dolore senza canto
del tuo silenzio,
nonna
Su zattere di tasche
navighiamo a vista
in questo mare familiare e incerto
E sorridi di una frase rubata
ad un libro,
E resto qui,
accucciata,
in questo tuo
sconfinato febbraio
così bello
E tengo il bandolo
per me e per te
di ogni nostro ricordo,
ne farai una culla
di elastico giallo
<<Quando te ne vai?>>
<<Resto ancora un po’>>
(Nadezda Nim)
Immagine: incisione tratta dalla rivista vittoriana "St. Nicholas", 1885